Iran: “Esiste un’infinita quantità di speranza… ma non per noi”

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Un’intervista in cui si parla di pandemia, crisi economica, repressione e resistenza in Iran

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In tutto il mondo, con il crollo dei compromessi che hanno stabilizzato il capitalismo durante il XX secolo, le persone si trovano ad affrontare misure sempre più autoritarie da parte di Governi di ogni genere. A tal proposito, è essenziale che i movimenti sociali in contesti diversi imparino gli uni dagli altri, al fine di sviluppare una resistenza mondiale al capitalismo e alle strutture statali che lo impongono. In quest’intervista, due radicali iraniani analizzano quali tipi di organizzazione e teorizzazione radicali stanno avvenendo in Iran oggi riguardo ai recenti movimenti di protesta e della repressione statale.

Le fotografie mostrano graffiti politici contemporanei in Iran, per gentile concessione dei compagni anarchici di Teheran.


Quest’intervista è iniziata come una conversazione tra alcuni compagni. Quella che originariamente sarebbe dovuta essere una conversazione di poche settimane si è trasformata in tre mesi di tempo raffazzonato per affrettarsi a scrivere alcuni pensieri mentre ci si trovava ad affrontare la repressione statale per mano del regime iraniano. Nonostante questo ritardo, lo scopo principale di quest’intervista è rimasto invariato sin dall’inizio: istruire e aggiornare i compagni nel Nord del mondo su ciò che sta accadendo in Iran, sugli anni di lotta dal 2015-2018 sono culminati in un’ondata di scioperi a livello nazionale, su come la pandemia di COVID-19 ha colpito i movimenti sociali, sugli effetti in corso delle misure di austerity e delle sanzioni internazionali e sulla risposta del Governo sia alla protesta sia alle crescenti tensioni geopolitiche da quando, nel maggio 2018, gli Stati Uniti hanno smesso di appoggiare il Piano d’azione congiunto globale (ovvero l’“accordo sul nucleare iraniano”).

Le identità dei due compagni rimarranno anonime alla luce della minaccia di repressione per mano del Governo iraniano.

“Aban 98”: un riferimento alle proteste del novembre 2019 secondo il calendario persiano.


Qui negli Stati Uniti, la copertura mediatica è stata dominata da due eventi: la pandemia globale di COVID-19 e la recente rivolta contro la Polizia scoppiata in risposta all’uccisione di George Floyd da parte della Polizia il 25 maggio. Considerando che i media statunitensi forniscono poche informazioni riguardanti la vita quotidiana degli iraniani e il ciclo di lotte diffusesi in tutto il Paese negli ultimi anni, possiamo dire con certezza che l’opinione pubblica americana e la sinistra statunitense sono in gran parte all’oscuro di cosa significhi vivere e lottare oggi in Iran. Potreste iniziare fornendoci qualche informazione sulla composizione e sulle varie correnti all’interno della sinistra iraniana così come esiste attualmente? In che modo i vari gruppi e le diverse organizzazioni hanno risposto agli effetti combinati delle crisi economiche, politiche ed epidemiologiche? {: .darkred}

J: Vorrei iniziare esprimendomi su ciò che hai detto all’inizio che, ovviamente, è vero. La sofferenza che permea la vita quotidiana in Iran è scarsamente presa in considerazione, non solo dai media statunitensi ma da tutti quelli internazionali che sono stati coinvolti dalle notizie iraniane di esplosioni segrete, controversie nucleari, tensioni militari con gli Stati Uniti e con i suoi alleati, ecc. La politica è cieca di fronte a quella sofferenza e così lo sono i media mainstream. E la situazione è solo peggiorata negli ultimi mesi. La valuta nazionale sta svalutandosi con la stessa rapidità con cui aumenta il costo dei beni e dei servizi essenziali. La disoccupazione è diffusa. Il tasso di suicidi è aumentato. C’è carenza di farmaci per diverse malattie croniche. I prezzi delle case sono saliti alle stelle. Le persone nelle grandi città, in particolare a Teheran, hanno fatto ricorso a soluzioni tragicamente “innovative” per gli alloggi: vivere in tende temporanee, in strutture che offrono un rifugio essenziale, affittare i tetti di altre case e posizionarvi delle tende, vivere in auto.

Ora, voglio tornare alla tua domanda. Parlare di organizzazioni di sinistra attribuendo loro un significato di “buon senso” nel contesto iraniano è complicato. La Repubblica islamica considera qualsiasi collettività di opposizione sostenibile una minaccia. Anche se ci si organizza per guardare dei film, per leggere dei libri, ecc., ci sono buone possibilità di essere convocati per un interrogatorio. Tuttavia, in tale atmosfera, abbiamo assistito a un moltiplicarsi di tentativi organizzativi tra operai, insegnanti, infermieri, camionisti, ferrovieri e altri cosiddetti lavoratori essenziali. Inoltre, negli ultimi anni, il movimento studentesco di sinistra si è riorganizzato e ha anche creato gli slogan più virali delle proteste recenti. Esiste un movimento di donne all’interno di una vasta gamma di posizioni politiche pesantemente represso mentre si stava affermando con più forza negli ultimi anni. Se ci concentriamo su un termine generico come “politica di sinistra” in Iran, considerando la sinistra qui come ispirata a varie tradizioni marxiste, allora possiamo indicare quattro tendenze: sindacalismo, nazionalismo di sinistra, anti-neoliberismo e anti-imperialismo. Sotto molti punti di vista, questa non è la migliore categorizzazione e queste tendenze s’intersecano tra loro ma, come spiegherò più avanti, servirà per mappare la politica di sinistra in Iran.

In Iran, tra i lavoratori organizzati esistono due tendenze sindacali. Il sindacato indipendente dei lavoratori della fabbrica di canna da zucchero Haft-Tappeh è esemplare. I dipendenti del complesso industriale di Haft Tappeh nel sud dell’Iran, nella provincia del Khuzestan, negli ultimi anni si sono organizzati in modo autonomo e hanno combattuto una dura battaglia, con tutti i principali organizzatori arrestati e alcuni costretti a dichiararsi colpevoli sulla TV nazionale. Le confessioni televisive forzate sono state a lungo una strategia repressiva nella Repubblica islamica. Tuttavia, la loro lotta contro la privatizzazione dell’azienda e la corruzione dei proprietari, dei dirigenti e dei funzionari continua ancora oggi. Hanno chiesto la gestione operaia della fabbrica e delle sue risorse. Inoltre, sono l’esemplificazione di un’organizzazione popolare, non gerarchica e autonoma. Eleggono i rappresentanti del sindacato, ma questi non decidono per conto dei lavoratori e tutte le decisioni riguardanti la direzione e le proposte dei proprietari nelle trattative con loro sono sottoposte a una forma di assemblea generale dei lavoratori per essere discusse e accettate oppure respinte. Il sindacato Haft Tappeh incarna un sindacalismo che è locale e rimane tale, con l’insistenza sul fatto che la gestione sia dei lavoratori locali e autonomi.

Un’altra forma di sindacalismo è quella rappresentata da Sindacato Libero dell’Iran. Anche i leader di questo sindacato sono stati tutti arrestati e perseguiti. Chiedono un sindacato nazionale e un’organizzazione indipendente dei lavoratori in ogni contesto locale ma hanno una struttura organizzativa più dall’alto verso il basso e non si concentrano principalmente sul locale.

Anche il nazionalismo di sinistra ha diverse tendenze. Alcuni sono gli eredi della linea del Partito Comunista all’inizio degli anni Ottanta, ideologicamente vicini ai sovietici, ma anche sostenitori del Governo della Repubblica islamica (che qui s’interseca con quel che ho definito antimperialismo). Queste persone di sinistra si concentrano sulla “sicurezza nazionale” e sugli “interessi nazionali” e sulla difesa dell’integrità nazionale nel senso dei confini. Una parte di loro ha problemi con i movimenti delle minoranze, come curdi o arabi, che talvolta bollano come “separatiste.” Un’altra fetta dell’opposizione lavorerebbe anche con partiti di opposizione di destra o realisti per formare una coalizione “nazionale” contro la Repubblica islamica.

L’antimperialismo è cresciuto negli ultimi anni, alla luce delle tensioni con gli Stati Uniti e di una probabile guerra. Ma la sinistra antimperialista ha ora due linee distinte: una che è definita esclusivamente dal suo antimperialismo e una che ha l’antimperialismo come parte del suo discorso. Sebbene entrambe siano in gran parte correnti teoriche, la seconda è principalmente una forma di teoria critica contemporanea e la prima è un ritorno del discorso comunista tradizionale degli anni Settanta e Ottanta, che si coalizzarebbe con la Repubblica islamica contro l’imperialismo americano. Quegli antimperialisti ora difendono la Repubblica islamica e i suoi interventi in Siria, Iraq e altrove. Non diversamente dal Partito Comunista “ufficiale” della stessa Siria, che per primo ha sostenuto la brutale performativizzazione dell’endocolonialismo [colonizzazione dell’interno del Paese] e della controrivoluzione di Assad e ha perso molti dei suoi membri a causa delle ondate rivoluzionarie. L’opposizione di estrema destra, composta soprattutto da realisti che sostengono l’amministrazione Trump e che sono da essa sostenuti, sbandiera questa corrente di sinistra iraniana nelle sue propagande per demonizzare la sinistra nel suo insieme.

Anti-neoliberismo è un termine generico per un’altra tendenza eterogenea del pensiero di sinistra in Iran: dagli studenti attivisti che chiaramente definiscono la loro lotta come “contro il neoliberismo” e mostrano solidarietà con movimenti simili contro le politiche economiche neoliberiste e la governamentalità in Francia, Libano e Cile, alle frazioni della sinistra sindacalista, ad altri gruppi e circoli che lavorano principalmente nel campo della teoria contemporanea, della teoria critica e dell’economia politica.

Vi sono altre forze che non possono essere inserite nella mia schematizzazione relativa alla sinistra iraniana - le diverse forze tra i militanti di minoranza: curdi, arabi, beluci, ecc. Dovremmo anche considerare la divisione esistente tra una sinistra più incline all’azione/pratica e una sinistra più incline alla teoria/scrittura (talvolta soprannominata marxista “culturale”1). Un altro divario deriva dalla prospettiva generale di queste posizioni politiche riguardo alla questione relativa allo Stato: riprendere il potere e reinventare la funzionalità dello Stato è necessario per una politica di emancipazione o un movimento politico di emancipazione dovrebbe andare oltre la questione dello Stato e della sua organizzazione gerarchica? C’è anche una divisione generale su questo tema tra la sinistra presente all’interno e all’esterno dell’Iran.

Allora, ci sono esempi di solidarietà tra alcune di queste tendenze. Uno è rappresentato da una dichiarazione che molti di sinistra, da diverse posizioni e diversi punti di vista politici, hanno firmato dopo la crisi del coronavirus, chiedendo una ridistribuzione della ricchezza, assistenza sanitaria per tutti, libertà per i prigionieri politici così come per altri prigionieri accusati di crimini non violenti, alloggi sociali, un’attenzione particolare ai bassifondi e così via.

Con poche singole eccezioni, tutte le forze di sinistra si oppongono alle sanzioni degli Stati Uniti e alla loro politica di cambio di regime in Iran. Non perché quelle forze non vogliano rovesciare il regime teocratico ma perché il Governo americano ha mostrato il suo sostegno alle forze più neoliberiste, di destra e nazionaliste dell’opposizione e, dopotutto, niente di buono viene dagli interventi stranieri neocoloniali — come nel caso dell’Asia occidentale e del Nord Africa, per esempio.

J-P: È certamente comprensibile che i media prestino così tanta attenzione a eventi significativi come la pandemia o alle proteste antirazziste negli Stati Uniti. Il problema sta però nell’approccio e nella loro rappresentazione di questi eventi. Credo che tu sappia bene che la rivoluzione non sarà trasmessa in televisione, non negli Stati Uniti, e di sicuro non in Medio Oriente. Ma non è questo il problema.

Il motivo per cui senti di essere lasciato all’oscuro e di aver bisogno di sapere qualcosa su quest’argomento è parzialmente dovuto alla situazione incoerente di varie correnti all’interno della sinistra iraniana. Questa condizione diffusa potrebbe essere considerata una strategia di sopravvivenza, poiché ogni sorta di articolazione o mediazione tra queste correnti è interrotta con tutti i mezzi necessari. Ma presenta anche un ostacolo che la sinistra iraniana deve superare se vuole fare qualche tipo di cambiamento concreto. Inoltre, questa situazione implica che anche noi condividiamo la necessità di educarci su questo tema e stiamo cercando risposte a domande simili. E, cosa ancor più importante, questa condizione diffusa rende impossibile rivendicare una vera immagine di tutte le correnti all’interno della sinistra poiché ogni componente conoscerà meglio il proprio campo d’azione immediato e potrebbe trascurare alcuni degli altri componenti. Quindi, invece di fare un elenco dettagliato, dobbiamo partire dall’intero quadro della sinistra iraniana. C’è un enorme divario tra ciò che è attualmente la sinistra iraniana e il potenziale promettente a sostegno di un cambiamento radicale nella nazione.

Prendendo in considerazione l’attuale posizione della sinistra odierna, è possibile notare svariati miglioramenti intellettuali e discorsivi su questioni come genere, precarietà, minoranze, ecc. Ma questo non ha alcun effetto concreto sull’esito di così tante questioni cruciali, dal coronavirus alle sanzioni, dalla repressione delle minoranze a questioni tradizionalmente di sinistra come il salario minimo. Non c’è bisogno di dire che viviamo e lottiamo in una situazione sovradeterminata con così tanti agenti nazionali e stranieri che, nonostante abbiano interessi divergenti e diversi, sono alla fine integrati nella loro opposizione a sinistra. È quindi inevitabile che la sinistra, priva di un’organizzazione sostenibile o di un programma tangibile, non giochi un ruolo dominante nelle questioni immediate. Ma pensando al corso degli eventi, e alla luce degli effetti multipli e composti di diverse crisi - dalla legittimità politica al soddisfacimento dei bisogni primari, dalle questioni sociali ai disastri naturali come i terremoti - e svegliandosi ogni giorno per trovare una nuova crisi, ci si renderà conto che nessuno di quegli agenti può presentare una risposta coerente a tutte queste questioni. La sinistra, d’altra parte, nonostante la sua incoerenza organizzativa, sta creando un discorso che potrebbe affrontare i nostri problemi sociali, politici e culturali allo stesso modo. Questo è il motivo per cui il nostro Governo sta promuovendo un’immagine contraffatta di sé come di sinistra, comunemente chiamata “asse di resistenza.” Ma questo è un argomento così importante che ne parleremo separatamente.

Per quanto riguarda la composizione e le correnti all’interno della sinistra iraniana, e per quanto inadeguato possa sembrare, le categorie usate dal Governo per classificare queste correnti potrebbero essere un punto di partenza rivelatore sulle dinamiche al loro interno. Non molto tempo fa, i servizi d’intelligence inserivano tutti gli attivisti di sinistra in tre categorie. La prima, quella che hanno chiamato la “sinistra operaia,” riferendosi apparentemente alle correnti di sinistra tra i lavoratori; poi la “sinistra marxista,” che si riferiva soprattutto agli attivisti organizzati solitamente associati ai partiti di sinistra; e infine, la “sinistra culturale,” a volte indicata come “nuova sinistra,” composta dagli intellettuali, di solito stanziati nelle città più grandi, a volte con collegamenti con altri membri dei movimenti civili. Avevano una chiara concezione delle potenzialità di queste categorie e, naturalmente, di come fare per reprimere ognuna di queste.

Ma dal 2017, un cambiamento nelle dinamiche interne di queste categorie, combinato con una crescente popolarità della sinistra tra gli altri attivisti e forze progressiste, ha reso obsoleta questa concezione. Da allora, la cosiddetta sinistra culturale è stata parte attiva durante le manifestazioni dei lavoratori, la cosiddetta sinistra marxista ha adottato nuovi approcci nei confronti delle masse “non organizzate” e la sinistra operaia sta portando avanti un nuovo livello di lotta facendo affidamento sui compagni esterni al posto di lavoro. Quindi, la composizione della sinistra iraniana è un work in progress e ha ancora tanti nuovi significati da svelare. Quel che può essere detto con certezza è che la vecchia concezione (di sé) è irrilevante per il nuovo percorso intrapreso dalla sinistra a partire dal 2017. Oggi, si può osservare una forte corrente di sinistra nella maggior parte delle organizzazioni e dei gruppi di affinità; tra insegnanti, lavoratori, studenti, attiviste, intellettuali, ecc. sembra che le persone siano meno ossessionate dalla propria identità di individui di “sinistra” ma le correnti e le tendenze di sinistra stanno prendendo l’iniziativa in parecchi di questi gruppi.

” I conti bancari grondano sangue.”

Qual è stato il risultato dell’ondata di scioperi del 2018 che ebbero luogo in tutto l’Iran - coinvolgendo il lavoratori di Haft Tapeh Sugar Cane a nord, i lavoratori della National Steel di Ahvaz a sud e i camionisti della nazione, che organizzarono tre scioperi a livello nazionale? All’epoca, sembrava che questo ciclo di lotte fosse condizionato da due fattori chiave, che hanno molto a che fare con la questione del flusso globale di capitali verso la finanza e la liquidità (i due indicatori del fatto che il capitale si è allontanato dalla produzione per dirigersi verso la circolazione): le sanzioni economiche degli Stati Uniti derivanti dal suo ritiro dall’Accordo sul nucleare iraniano nel 2019 e la calo del Rial sul mercato globale. Abbiamo ragione nel dire che questi sono stati i fattori chiave che portarono all’ondata di scioperi? E com’è cambiata la situazione nel Paese da allora, soprattutto con gli effetti aggravanti delle sanzioni uniti alla pandemia di COVID-19? {: .darkred}

J: Il discorso anti-occidentale della Repubblica islamica non dovrebbe ingannare nessuno. Dal suo leader supremo Khamenei al suo presidente Rouhani, il regime sostiene l’economia di libero mercato e un piano di privatizzazione su larga scala in atto da decenni. È uno dei più grandi della regione, oltre a Turchia, Pakistan e, recentemente, Arabia Saudita. Il regime iraniano ha sempre voluto aderire alla World Trade Organization (Organizzazione mondiale del commercio) e ha seguito i programmi di ristrutturazione della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale (FMI). L’impatto di tali politiche neoliberiste è visibile nella “riforma” del sistema sanitario, del settore abitativo, del sistema pensionistico, del de-sovvenzionamento delle unità energetiche, di un forte movimento verso la privatizzazione attraverso il mercato azionario, della crescita esponenziale delle istituzioni finanziarie e banche private, politiche di bilanci restrittivi e massicci licenziamenti in ex fabbriche statali e grandi aziende.

Questa è la situazione che ha fatto da sfondo all’ondata di scioperi di cui parli. Si tratta di un ciclo di lotte iniziato intorno al 2015 e che ha visto l’intensificarsi di azioni quotidiane tra i lavoratori interessati da quelle politiche, tra i cittadini indebitati o letteralmente derubati dalle nuove istituzioni finanziarie private (che sono collegate alle Guardie Rivoluzionarie e andate in bancarotta in pochi anni), tra minoranze e comunità emarginate i cui mezzi di sostentamento sono stati messi in pericolo da politiche di sviluppo anti-ambientale o semplicemente da negligenza del Governo centrale, e tra altri ancora. Durante quel periodo, i report avevano mostrato una media giornaliera di sei-otto proteste locali in tutto il Paese.

È vero che le sanzioni statunitensi hanno contribuito alle proteste ma in modo indiretto. Le sanzioni hanno reso la vita quotidiana molto più difficile e hanno privato il Governo delle sue risorse finanziarie. Ma, come ho detto, la neoliberalizzazione e il graduale smantellamento del semi-stato sociale istituito dopo la rivoluzione dovrebbero essere visti come la causa principale delle proteste. Com’è stato formulato da un famoso slogan delle proteste di Aban: “Il nostro nemico è qui / mentono dicendo che è negli Stati Uniti.”

Ora, ho parlato del semi-stato sociale istituito dopo la rivoluzione… C’è da fare qui una considerazione importante. Anche se esisteva una sorta di sistema di welfare per i cittadini comuni, era come qualsiasi altro Stato razzializzato che lo faceva a spese delle minoranze. Le aree beluche, arabe e curde sono molto più sottosviluppate e le questioni ambientali derivanti da uno sviluppo insostenibile a favore del centro sono peggiori. Le radici profonde delle discriminazioni basate sull’identità (religiose o etniche) sono un’altra causa di proteste sociali.

Come hai giustamente accennato, l’epidemia di COVID-19 e le relative problematiche economiche hanno intensificato il malcontento. Ma il Governo iraniano, già nel pieno di una crisi economica, ha riaperto l’economia molto prima del dovuto e i lavoratori hanno dovuto darsi da fare nonostante la minaccia del coronavirus. Questo è un altro segno dell’approccio neoliberista del Governo iraniano ai problemi sociali, in cui riduce tutti gli aspetti della vita all’economia di scambio. Tuttavia, la crisi ha portato all’intensificazione delle proteste di operatori sanitari e infermieri, che erano impiegati con contratti di 89 giorni durante una pandemia senza alcun vantaggi di sorta per un lavoro così faticoso.

A oggi, in Iran le proteste infuriano di nuovo. I lavoratori di Haft-Tappeh sono al loro 78esimo giorno di sciopero e la loro richiesta principale è l’annullamento della privatizzazione, oltre ad altre richieste relative a salario, sicurezza sul lavoro e assicurazione sanitaria. Inoltre, alcuni lavoratori dei giacimenti petroliferi hanno organizzato degli scioperi. Ricordiamo anche quelli delle fabbriche a Tabriz, Arak, Mahshahr e Asaluyeh, i ferrovieri a Teheran e Khorasan e Semnan, quelli degli insegnanti e dei lavoratori municipali e di molti altri che protestano di nuovo ogni giorno. In Iran, la sinistra è attenta a mantenere le distanze da qualsiasi iniziativa americana contro la Repubblica islamica e respinge giustamente sanzioni e ogni idea d’intervento straniero. Quando un gruppo dell’opposizione monarchica pro-Trump ha iniziato a dar voce al sostegno della lotta Haft-Tappeh, il canale Telegram degli scioperanti ha pubblicato un post in cui rifiutava il loro sostegno, sostenendo che “Voi siete agenti degli Stati, non sostenitori del popolo.”

J-P: Vorrei iniziare a rispondere a questa domanda con un meme popolare che è diventato virale prima della nuova ondata di sanzioni. La prima immagine era un uomo anziano apparentemente povero seduto su degli scalini con uno sguardo traboccante di disperazione. La didascalia recitava “prima dell’accordo nucleare.” Sotto c’era la stessa identica foto con la didascalia “dopo l’accordo nucleare”. Oggi, si può aggiungere la stessa foto con la didascalia “post-post-accordo nucleare.”

Le sanzioni non sono la radice del problema; semplicemente intensificano la situazione. La privatizzazione e le istruzioni del FMI sono i fattori chiave che hanno portato all’ondata di scioperi. Queste politiche iniziarono subito dopo la guerra tra Iran e Iraq (1988) e da allora sono cresciute di pari passo con una corruzione inimmaginabile. I problemi in entrambe le società da te menzionate (situate nel sud dell’Iran) sono iniziati dopo essere state consegnate al settore privato. I documenti relativi a come e in quali condizioni sia stato consegnato Haft Tapeh rimangono ancora riservati; oggi, poiché la nuova ondata di scioperi si svolge ad Haft Tapeh (e da tre mesi hanno marciato nella città di Shush), i lavoratori hanno dovuto impedire al proprietario barone brigante di vendere le attrezzature dell’azienda. Alcuni studiosi come Mehrdad Vahabi lo definiscono “Stato predatore” che è coesistito con alcuni aspetti capitalistici della nostra società.

Quindi lo Stato predatore e la cosiddetta privatizzazione, i fattori chiave del degrado della classe lavoratrice, erano in corso prima delle sanzioni e continuarono dopo di esse. Il problema delle sanzioni è che mirano al reale potenziale della nostra società per apportare un cambiamento radicale. Sono progettati per esercitare pressioni sulle masse - per rendere ancora più difficile l’organizzazione - e forniscono la miglior scusa per un’imponente repressione interna e una piattaforma adeguata per la sempre crescente corruzione dei baroni briganti.

” Pane, lavoro, libertà - combattere fino alla liberazione.”

Come ha risposto il Governo iraniano alla pandemia? Quali effetti hanno avuto le sanzioni statunitensi sulla risposta del Governo? E la pandemia ha offerto alla sinistra iraniana nuove strade di mobilitazione e nuove linee di alleanza? {: .darkred}

J: Come risposto brevemente prima, la politica del Governo consisteva nel fatto che il valore di scambio fosse più importante del valore della vita umana. Ma questo non è caratteristico solo del Governo islamico, proprio come non lo sono le tante pecche e i numerosi insabbiamenti nell’affrontare la crisi del coronavirus. Per citarne solo alcuni, il Governo ha nascosto le vere statistiche ufficiali, come dimostrato i documenti trapelati. Il numero ufficiale delle vittime, ma non inaspettato, è tre volte superiore alle statistiche rese pubbliche e anche il numero dei pazienti si avvicina allo stesso rapporto. Il virus era già in Iran nel periodo in cui Wuhan era stata messa in quarantena in Cina ma, secondo i documenti trapelati, la popolazione non è stata avvertita a causa delle manifestazioni organizzate dal Governo per l’anniversario della rivoluzione del 1979 e a causa delle elezioni parlamentari in corso. Intanto, il Governo non ha fornito sostegno o assistenza ai cittadini, né ha fornito beni primari ai rifugiati afgani e agli immigrati privi di documenti.

In Iran, le sanzioni statunitensi hanno avuto un effetto sulla risposta al COVID-19. Washington afferma che le sanzioni non bloccano medicine e attrezzature mediche e altre importazioni umanitarie. Tecnicamente è vero. Ma le sanzioni secondarie statunitensi sulle transazioni finanziarie con le banche iraniane, la loro spietata persecuzione ai danni dei commercianti e la necessità di richiedere l’esenzione per il commercio “umanitario” con l’Iran hanno fatto sì che molti esportatori di attrezzature mediche temessero di fare affari con l’Iran. Secondo le statistiche del Dipartimento del Tesoro americano, il numero di richieste di esenzione dalle sanzioni in caso di commercio medico con l’Iran è diminuito da 220 casi nell’ultimo trimestre del 2016 (l’ultimo trimestre di Obama) a soli 36 nel primo trimestre del 2019, ultimi dati disponibili.

Ma, ancora una volta, le difficoltà derivanti dalle sanzioni statunitensi non dovrebbero renderci ciechi di fronte alla neoliberalizzazione decennale dell’economia iraniana, ai tagli al budget sanitario e agli aumenti del budget militare, alla mercificazione dell’assistenza sanitaria, alla precarizzazione dei lavoratori essenziali, e via di seguito. Per quanto riguarda l’ultimo punto della domanda, non posso dare una risposta precisa. All’inizio dell’epidemia, sono emerse nuove iniziative collettive e locali che forniscono assistenza e supporto. Ma l’intensificarsi della crisi le ha indebolite. In Iran, come in molti altri luoghi del mondo, la pandemia ha fatto chiarezza sulla violenza strutturale causata dalle diseguaglianze di classe, dalla neoliberalizzazione e da varie forme di discriminazione.

Questa necessità si traduce in una sorta di solidarietà sociale diffusa? Che Guevara dice: “La solidarietà è la tenerezza dei popoli” e Massumi descrive tale solidarietà affettiva come “appartenenza nel divenire.” Sotto questo punto di vista, la situazione in Iran non si traduce in un divenire rivoluzionario di massa, in una solidarietà diffusa. Le divisioni sociali si accentuano; la frammentazione delle forze sociali produttive, che Negri definisce “preparare il salame dalla carne sociale,” è schiacciante. E un movimento rivoluzionario così potente da poter portare tutte le differenze verso una lotta strategica con il regime deve ancora arrivare.

J-P: Sostanzialmente, la risposta del Governo alla pandemia è stata simile a quella degli altri Governi di destra in tutto il mondo. In un primo momento, sono stati colti alla sprovvista, negando l’esistenza o, in seguito, il significato della pandemia. Poi, si sono riorganizzati per consentire alla popolazione di affrontare questo problema da sola e l’hanno persino incolpata per la pandemia. Quindi, non è stata annunciata alcuna quarantena ufficiale, dal momento che il Governo avrebbe dovuto assumersi responsabilità minime e da allora ha considerato solo le esigenze delle grandi imprese.

I nostri problemi specifici per quanto riguarda questa questione derivano da due fattori. Uno è rappresentato dagli elementi ideologici vitali per la struttura del potere - per esempio, in questi giorni abbiamo la cerimonia di Moharram, una sorta di carnevale senza distanze sociali ed è stato il Governo a decidere che questa cerimonia venisse svolta. L’altro fattore è la privatizzazione del sistema sanitario e di altre forme di lavoro riproduttivo o di cura, che rende ancora più difficile la cura di sé collettiva.

Le sanzioni fanno parte del processo di negoziazione tra l’élite politica e quella economica; non hanno effetti tangibili su tale questione. Inoltre, con o senza sanzioni, la posizione del popolo di fronte alla pandemia non migliorerebbe. D’altra parte, la sinistra ha dovuto sopportare fardelli devastanti. Come parte dei nostri cittadini vulnerabili, la sinistra ha dovuto affrontare la pandemia da sola (a causa del virus abbiamo perso Fariborz Raees-Danna, un’icona credibile e influente); la pressione economica e la disoccupazione hanno tenuto la sinistra iraniana impegnata a sbarcare il lunario e la situazione non farà che peggiorare; e la mancanza di politiche coerenti ha reso impossibile per la sinistra e le altre forze progressiste tenere riunioni o addirittura incontrarsi al chiuso. Quindi non ci sono state strade o possibilità particolari per la sinistra ma la pandemia ha intensificato varie lacune, soprattutto tra Governo e popolazione.

“L’esecuzione è un omicidio di Stato premeditato.”

Quali sono secondo voi alcune delle maggiori conseguenze delle elezioni di febbraio? Se abbiamo capito bene la serie di eventi, c’è un secondo turno di votazioni rinviato a settembre a causa della pandemia. Nel frattempo, quali sono alcuni dei fattori chiave che hanno portato a un esito favorevole per la fazione “integralista” o principalista? E qual è stata la risposta della sinistra, parlamentare o extraparlamentare? {: .darkred}

J: Ho detto che la Repubblica islamica ha coperto la diffusione del virus nella sua fase iniziale affinché si svolgessero le elezioni parlamentari; è stato confermato solo la notte prima delle votazioni. Perché? Perché il Consiglio dei Guardiani della Costituzione, un organo governativo vicino alla Guida Suprema, si è assicurato che i Conservatori dominassero il parlamento interdicendo anche molti riformisti “non minacciosi.” I Conservatori hanno vinto le elezioni con il tasso di partecipazione più basso nella storia della Repubblica islamica. Ora il capo del Parlamento è l’ex sindaco di Teheran, ex comandante della Guardia Rivoluzionaria ed ex Capo della Polizia, stato accusato di smisurata corruzione ma molto fedele alla Guida Suprema.

Il Parlamento Conservatore unificato è uno dei tasselli del puzzle nel “periodo di transizione,” in riferimento alla scelta del prossimo Leader Supremo. E il puzzle è un Governo Conservatore unificato, abbastanza omogeneo da garantire che la transizione alla nuova Guida Suprema proceda senza intoppi. Il Parlamento, tutte le istituzioni della cosiddetta “Repubblica” e il suo apparato di rappresentanza sono tutti defunti. La crisi nella Repubblica islamica non riguarda più la “legittimità” - è una crisi alla base della stessa governamentalità. Uno dei principali slogan dei movimenti degli ultimi tre anni è stato “Riformista, conservatore: è la fine dei giochi.” Lo slogan ne riecheggia di simili gridati in piazza Syntagma ad Atene o alla “Puerta del Sol” a Madrid o per le strade di Beirut e rivolto a tutti i partiti e a tutti i rappresentanti: “Tutti fuori.” Quindi la sinistra non ha partecipato alle elezioni e, storicamente, non partecipa. C’è stato un breve momento nel 2016, durante le elezioni del Consiglio Comunale, in cui una sorta di sinistra socialdemocratica formò una lista cercando di entrare nel Consiglio ma i riformisti convenzionali vinsero in modo schiacciante e quei rappresentanti di sinistra non ricevettero così tanti voti.

A questo punto, potrebbe essere utile spiegare le forze politiche nella Repubblica islamica per essere chiari su tutti i termini che usiamo qui in un contesto internazionale, perché nell’Iran post-rivoluzionario hanno un significato particolare.

La Repubblica islamica dell’Iran (IRI) ha consolidato il suo potere reprimendo violentemente sia i liberali di destra sia i socialisti e i comunisti di sinistra. Tuttavia, fino alla vittoria a sorpresa di Mohammad Khatami nelle elezioni presidenziali del 1997, le principali tendenze politiche nell’Iran post-rivoluzionario erano state chiamate “la Sinistra” e “la Destra.” Le differenze tra queste due correnti politiche all’interno dell’élite della Repubblica islamica sono venute alla ribalta dopo l’impeachment e la successiva fuga di Abolhassan Banisadr, il primo Presidente eletto.

L’ala destra dell’IRI era composta da mercanti tradizionali (Bazaari), clero tradizionale, oppositori delle riforme agrarie e critici dell’interventismo statale nell’economia. Nei primi anni della rivoluzione, l’ala sinistra della Repubblica islamica ebbe l’appoggio di Ruhollah Khomeini. Chiesero la ridistribuzione della ricchezza attraverso sussidi, distribuzione diretta di beni essenziali e l’attuazione di pesanti normative sui mercati liberi. Entrambe le fazioni politiche sostennero l’islamizzazione, la tutela del giurisperito islamico (Velayat-e-Faghih) e i discorsi antimperialisti.

Il terzo Parlamento fu controllato dalla sinistra. Tuttavia, dopo la morte di Khomeini e l’ascesa di Khamenei alla Guida Suprema come ala destra, la sinistra è diventata sempre più debole. Il quarto e il quinto Parlamento furono controllati dalla destra. Dopo l’elezione di Khatami nel 1997, la dualità tra sinistra e destra fu riformulata in un’altra dualità, riformisti contro conservatori (o principalisti). Le vecchie differenze tra sinistra e destra in termini di politiche economiche non sono più un problema di divisione, poiché molti riformisti e conservatori sono ora sostenitori del libero mercato, del commercio globalizzato e della privatizzazione.

J-P: Le elezioni in Iran sono sempre state sistematicamente ingiuste. In questo contesto, solo quelle nazionali (come le elezioni presidenziali) potrebbero fare una leggera differenza. Queste elezioni erano un mezzo per risolvere o rinviare disaccordi interni e contraddizioni all’interno della classe dominante sottoponendo la questione al popolo (di solito mobilitando il suo dissenso e la sua rabbia contro un gruppo di élite politiche). Sebbene questo processo fosse architettato con cura, forniva comunque una parvenza di espressione politica per la nostra società civile.

Tale processo di mediazione fu annullato con le elezioni presidenziali del 2009. Da un lato, le contraddizioni interne tra l’élite politica ed economica divennero così evidenti che non potevano adattarsi nemmeno a un’elezione ingiusta e, dall’altro, il divario interno fu proiettato in un divario più ampio tra il popolo e il Governo nella sua interezza. Da allora, le elezioni sono state una serie di tentativi di sanare la frattura, principalmente all’interno della classe dirigente, e talvolta con una parte selezionata della nostra società civile - ovvero, la classe media urbana nelle successive elezioni presidenziali.

In questa storia, si potrebbe dire che le elezioni di febbraio, da sole, non giocano un ruolo significativo e il secondo turno sarà anche meno significativo. Ma segnano un punto di svolta nell’integrità dell’élite politica al potere. È da notare che oggi, i cosiddetti rivali nelle precedenti elezioni presidenziali sono a capo delle amministrazioni esecutive, giudiziarie e legislative. Le elezioni di febbraio hanno segnato il punto d’arrivo di questo processo d’integrazione, il che non significa che il loro conflitto d’interessi interno sia risolto, ovviamente. I capi dei tre àmbiti hanno già preso decisioni extragiudiziali, una delle quali è stata l’aumento del prezzo del petrolio lo scorso novembre, fatto che ha provocato una rivolta nazionale senza precedenti e un bagno di sangue in cui sono stati uccisi alcuni manifestanti. È probabile che le imminenti elezioni presidenziali porteranno l’annullamento insindacabile a qualsiasi riferimento al ballottaggio.

Per quanto riguarda la risposta della sinistra, devo sottolineare che i termini parlamentare ed extraparlamentare non si applicano alla sinistra iraniana, poiché non sono riconosciuti in nessuna circostanza e dal 1983 tutte le organizzazioni di sinistra sono state considerate illegali. Ma guardando indietro alla rivolta di dicembre-gennaio 2017, i manifestanti elaborarono uno slogan in grado di esplicare la posizione della sinistra su questo tema: “Riformisti e integralisti, il vostro spettacolo è finito!” Questo slogan, che divenne molto popolare, stava a significare che la gente si disinteressa dei conflitti interni dell’élite al potere. Ovviamente, questi conflitti forniscono ripetutamente un’opportunità per uno sbocco politico del popolo ma nessuna delle due fazioni rappresenta l’interesse del popolo.

” Contro tutte le guerre - contro tutti i Governi - contro ogni oppression:” un CrimethInc. poster tradotto da anarchici in Iran.

Negli ultimi mesi, immagini e articoli hanno creato un collegamento tra le attività della Polizia qui negli Stati Uniti, a Hong Kong e in Palestina. La notizia della rivolta anti-Polizia negli Stati Uniti ha incoraggiato o messo al corrente della strategia di sinistra, così come esiste attualmente, in Iran? Come ha risposto il Governo iraniano, o cosa ha detto in merito, all’attuale rivolta americana? {: .darkred}

J: La radio e la televisione iraniane sono sotto il controllo esclusivo della Guida Suprema e trasmettono sempre ogni tipo di crisi, protesta e scandalo che avvengono negli Stati Uniti. La sinistra è stata ispirata a sottolineare la stessa discriminazione contro gli immigrati afgani in Iran e ha sostenuto la loro “vita degli afgani conta” ma questo non è andato oltre gli hashtag dei social. La comunicazione tra i movimenti di protesta americani e la sinistra iraniana è stata principalmente emotiva, non una trasmissione di tattiche o strategie. Lo stesso vale per il movimento di protesta a Hong Kong.

La Palestina, tuttavia, è diversa. Tradizionalmente, per la sinistra iraniana detiene uno status speciale. Molti guerriglieri di sinistra contro la dittatura dello Scià furono addestrati dai palestinesi o lavorarono con organizzazioni che combattevano per la causa palestinese. Ora, per una parte del popolo, sostenere la Palestina significa sostenere la Repubblica islamica, poiché dopo la rivoluzione Teheran ha supportato finanziariamente Hezbollah, Libano e Hamas.

J-P: Sorveglianza da parte della Polizia, controllo e repressione stanno circolando sempre più tra le classi dirigenti in tutto il mondo, proprio come circolano tattiche di protesta e notizie di rivolte e le persone sono ispirate e incoraggiate da altre proteste in tutto il mondo. Oserei dire che questa duplice accelerazione ha alcune connessioni con il flusso di capitali in continua crescita al tempo del neoliberismo. Ma esaminando le risposte del Governo iraniano emerge una questione cruciale. Le forze filo-governative hanno acceso candele in memoria di George Floyd, mentre pochi mesi fa, accendere una candela per le vittime del volo Ukraine International Airlines 752 veniva punito fino a cinque anni di reclusione. I media filo-governativi hanno coperto tutte le proteste dopo la morte di George Floyd, sottolineando quanto fosse ingiusto e illegale uccidere un cittadino – mentre pochi mesi prima, nel novembre 2019, le forze dell’ordine avevano ucciso migliaia di manifestanti, arrivando addirittura ad arrestare quelle famiglie che volevano fare i funerali ai propri cari.

Non voglio fare paragoni semplicistici ma l’immagine internazionale che si ha del Governo iraniano è profondamente distorta e la sinistra internazionale e le forze progressiste ne sono in parte responsabili. Il Governo ha creato per sé un falso alter ego antimperialista, accolto acriticamente dai progressisti che si oppongono al potere imperialista degli Stati Uniti. Ribadisco che una parte dei nostri intellettuali è delusa da un’icona credibile come David Harvey, non per la sua teoria, ma perché ha partecipato a una conferenza ufficiale che ha implicitamente confermato la posizione antimperialista del Governo iraniano. Una storia simile è avvenuta quando Angela Davis firmò una petizione che confermava questa narrativa sul Governo mentre la gente veniva massacrate per le strade. Ovviamente, Angela Davis era talmente competente per quanto riguarda le intersezioni delle varie oppressioni che ben presto ritirò il suo nome dalla petizione. La legittimità internazionale del Governo dipende fortemente dalla promozione di questo falso personaggio e, di solito, le forze progressiste in tutto il mondo non sono abbastanza interessate a esaminare i dettagli, preferendo abbracciare un facile alleato contro il potere imperialista degli Stati Uniti.

Quest’identità ha una proiezione interna, che ho menzionato prima come “asse di resistenza,” una corrente di marxisti ortodossi operaisti, che godono della libertà di parola e della pratica politica (che è il loro diritto fondamentale inalienabile, ovviamente, ma che è però in netto contrasto con tutte le altre correnti di sinistra e progressiste qui presenti). Impavidi combattenti che lottano contro una concezione astratta del neoliberismo e dell’imperialismo, pur restando in silenzio sulle misure concrete delle politiche neoliberiste all’interno dell’Iran. Inoltre, approvano e promuovono gli interventi imperialistici dell’Iran nell’area circostante, sulla base del fatto che ciò significa resistere all’imperialista maggiore. Questo complesso meccanismo di propaganda ha compromesso la solidarietà che la nostra società altrimenti proverebbe per le persone oppresse in tutto il mondo.

” Torneremo in strada.”

Per quelli di noi che si trovano negli Stati Uniti, la presenza imperialista dell’America in tutta l’America Latina è un fatto ben noto. La presenza dell’Iran nella regione, tuttavia, riceve meno attenzione dai media. Alla luce delle recenti osservazioni del generale Salami, che ha difeso la spedizione iraniana di prodotti petroliferi in Venezuela e ha osannato la continua alleanza dei due Paesi, come dovremmo interpretare la presenza iraniana in America Latina? Direste che fa parte di una più ampia strategia geopolitica, o quest’alleanza tra Venezuela e Iran si riduce al semplice fatto che entrambi i Paesi hanno un interesse reciproco ad alleviare gli effetti causati dalle sanzioni statunitensi? {: .darkred}

J: Non sono molto ferrato su quest’argomento e non ho fatto molte ricerche su di esso. Tuttavia, l’Iran è presente in America Latina grazie alle sue relazioni con Cuba e con il Venezuela e anche grazie alla sua influenza nella comunità sciita in Brasile e, in misura minore, in Argentina. Il populismo di destra di Ahmadinejad e il populismo di sinistra di Chavez sono interconnessi attraverso il loro discorso antimperialista e antiamericano. E ora, come hai detto, entrambi i Paesi sono soggetti alle sanzioni statunitensi e beneficiano di un’alleanza insieme.

J-P: È fuorviante confrontare la presenza dell’America in tutta l’America Latina con la presenza dell’Iran. Ma guardando alla storia delle interazioni tra i Paesi latinoamericani e i loro alleati antimperialisti (quello Cuba e dell’Unione Sovietica sono casi esemplari), non si potrebbe identificare un’alleanza strategica tra i Governi populisti latinoamericani e l’Iran. Non c’è stata crescita organica nel rapporto anche tra Iran e Venezuela ed è improbabile che si verifichi a causa delle differenze sostanziali tra le due parti. D’altra parte, anche ridurre le interazioni a una serie di misure che alleviano gli effetti causati dalle sanzioni statunitensi sarebbe sbagliato. Il significato dell’identità internazionale del Governo iraniano trascende queste misure di reciproco interesse. L’Iran può mantenere l’oppressione di classe e la repressione interna solo facendo affidamento sul falso personaggio antimperialista che presenta su scala globale. D’altra parte, il Venezuela, privo di un vero alleato, acconsente a quest’immagine di alleanza internazionale che serve principalmente a giustificare i suoi problemi interni.

Graffiti a Teheran, 2020.

Come sarà il futuro per la sinistra iraniana in Iran e per coloro che vivono all’estero, come esiliati politici o altro? {: .darkred}

J: Posso solo rispondere a questa domanda da una prospettiva più personale. Quindi, permettetemi di citare Kafka: “Es gibt unendlich viel Hoffnung, nur nicht für uns.” (“Esiste un’infinita quantità di speranza, ma non per noi.”) Penso che non ci sia speranza per qualcosa. Ogni “qualcosa” venuto alla luce ha anche condizionato la speranza, solidificata in una realtà che dovrebbe essere superata. Sono arrivato a credere che la disperazione in questo senso - affermare il disastro che stiamo vivendo - possa anche essere il primo passo verso una politica radicale: non c’è più spazio per non “sporcarsi” le mani, non c’è niente al di fuori del neoliberismo “Capitalismo mondiale integrato,” per prendere in prestito un termine di Toni Negri e Félix Guattari. C’è comunque speranza per una speranza: speranza per una lotta imminente che apre lo spazio alla speranza.

J-P: Finora, siamo stati la generazione No Future della sinistra iraniana, sia in Iran sia all’estero. Di sicuro, molte generazioni pensano a se stesse come “No Future” ma non mi riferisco a tendenze generali o concetti astratti. Quando ti rendi conto che la tua storia immediata esclude qualsiasi futuro desiderabile, impari gradualmente a sviluppare le tue radici nel presente. Sei costretto a rifiutare qualsiasi fase di mediazione e pensi solo al miglior passo da fare dopo. Paradossalmente, imparerai a vivere come se il futuro non fosse scritto; una situazione simile allo slogan “Sii realistico, chiedi l’impossibile.”

Eppure il potenziale di un futuro non scritto è proiettato nel presente come una lotta per la sopravvivenza; non possiamo sopravvivere senza cambiare immediatamente e radicalmente le nostre condizioni. Ecco perché dobbiamo sviluppare la nostra politica di sopravvivenza, nuove linee di alleanza, nuove forme di auto-organizzazione e cura di sé collettiva. Sembra noioso e lontano dall’auto-concezione rivoluzionaria di molti iraniani di sinistra, soprattutto di quelli che vivono all’estero. Ma solo così la sinistra iraniana potrà tradurre il suo attuale potenziale in un’alternativa concreta - e la sua alternativa sarebbe ampiamente accettata dalla società, mentre le forze all’opposizione sarebbero incapaci di terrorizzarla.

“Stranieri ovunque.” Un’opera di Claire Fontaine.